A proposito dell'Anurag Sagar - "L'Oceano d'Amore" di Kabir Sahib
L’Anurag Sagar di Kabir si legge per immersione, come se ci si tuffasse in un Oceano d’Amore nel vero senso della parola, pur essendo per certi versi un libro dai contenuti criptici, dato l’argomento che verte in particolar modo sull’origine della creazione e sul problematico tentativo da parte delle anime di riscattare il loro “Paradiso Perduto”, traspare da queste pagine abbastanza chiaramente il progetto di un Dio Assoluto che concede a uno dei suoi figli più devoti, proprio in virtù di quell’amore oceanico, l’onore e l’onere di creare un suo mondo separato.
In un crescendo d’intensità, attraverso la narrazione di storie che hanno per protagonisti re e regine, sadhu rinuncianti e mahatma, dèi e dèmoni, si viene proiettati in epoche remote e suggestive.
Kabir, con il supporto di Dharam Das, suo discepolo prediletto e interlocutore, ci accompagna in questo viaggio che ha dell’incredibile: ci prende per mano e ci sussurra che la Verità è un Oceano d’Amore. (mf)
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Quando l’Anurag Sagar fu pubblicato in inglese dal Sant Bani Ashram americano nel 1982, non ebbi dubbi sul fatto che dovesse essere tradotto immediatamente anche in italiano. Sant Ji ne aveva parlato in modo così entusiasta, aveva profuso tante energie e lo aveva caldeggiato al punto tale che sembrava la cosa più naturale. Mi applicai al progetto e ci volle un anno per tradurlo e per stamparlo con una macchina da scrivere da ufficio (era il 1983, i pc ancora non esistevano). Data la dimensione del libro originale inglese (220 pagine), fui costretto a suddividerlo in due volumi. Feci stampare la copertina presso un amico e fotocopiai le pagine con la fotocopiatrice dell’ufficio. Un lavoro immane e impensabile oggi anche perché poi dovetti fascicolarlo tutto manualmente, ma ero “gasato” come pochi…
Poi nel 1984 in occasione del viaggio annuale in Rajasthan al 16PS portai i due volumetti da far benedire a Sant Ji nel colloquio privato. Ricordo ancor oggi il sorriso e la soddisfazione di Baba Ji nel vedere, seppure in una veste grafica molto “modesta”, il testo. Il suo commento unico e lapidario fu: “Gli amati italiani devono leggerlo!”. (p)