Un incontro pregnante
Baba Sawan Singh


Esclamò il giovane avvocato: «Il processo della morte in vita dev’essere molto doloroso».
«No! Anche un bambino di sei anni è in grado di metterlo in atto sotto la guida di un perfetto Maestro» replicò il grande Maestro.
«Allora perché tutta l’umanità non ne trae vantaggio?» domandò il giovane avvocato.
«Perché non ha incontrato un Maestro e non conosce la tecnica di questo processo» fu la risposta del grande Maestro.
«Io posso conoscerla o vi sono dei requisiti specifici, è necessaria una preparazione particolare?» domandò l’avvocato.
«Sì» replicò il grande Maestro «uno deve astenersi da ogni tipo di bevanda alcoolica e da tutti i cibi di origine animale, compresi le uova, il pesce, il pollo e ogni preparazione che ne contenga solo in parte come le torte e i dolci. In aggiunta bisogna condurre una vita casta e pura».
«Sarebbe un vero castigo non poter mangiare le torte e i dolci!» esclamò l’avvocato.
Il grande Maestro sorrise: «Dipende da ciò che uno stima di più, se i piaceri effimeri di questa vita o quelli eterni della vita superiore».
«Perché è proibito mangiare carne?» domandò il giovane uomo.
«Perché sottrarre la vita indurisce il cuore e crea un debito karmico pesante. Mangiare la carne ostacola il progresso spirituale» spiegò il Maestro.
«Ma Dio non ha creato tutti gli uccelli e le bestie per noi?» si ostinò l’avvocato.
Il grande Maestro sorrise e disse: «Quale sarebbe la tua risposta se la stessa domanda fosse posta a leoni e tigri a proposito dell’uomo?».
«Ma non si può affermare che l’uomo sia stato creato come cibo per le bestie» protestò l’avvocato.
«Beh… le bestie la pensano diversamente» suggerì il grande Maestro.
«Tutti i musulmani e i cristiani mangiano carne» dichiarò il giovane uomo.
Il grande Maestro rispose: «Tutti i Santi, siano essi appartenuti a qualsiasi religione, paese o epoca, non hanno mai permesso ai propri discepoli di mangiare carne. Con il passar del tempo i loro veri insegnamenti vengono dimenticati e i seguaci, discepoli solo di nome, incominciano a mangiare i cibi proibiti. Nella biografia del profeta Maometto ho letto che mangiò la carne solo quattro volte in tutta la sua vita. Maulana Rumi dice: “Lahan ki guft ast Sultan-i-Azman, Lahan-i-Khud gufta na lahne deegran” ossia “la carne che il grande Sultano (il profeta Maometto) mangiò, è la vostra carne e non quella degli altri”. (“Mangiare la carne” in questo caso si riferisce al corpo scarno e dimagrito a causa di penitenze e meditazione)».
Un medico maomettano presente confermò: «È vero, il profeta Maometto mangiò carne solo quattro volte in tutta la sua vita. Un ayat del Corano dichiara che la carne e il sangue degli animali sacrificati non arrivano a Dio mentre la devozione e una vita sacra sì».
A questo punto intervenne Bawa Harnam Singh che alzando la voce, sentenziò: «Ma Guru Nanak non ne proibì mai l’uso».
«Lo fece di sicuro» replicò il grande Maestro che rivolgendosi poi verso di me, disse: «Per favore, va’ di sopra, troverai sul comodino di fianco al letto, avvolto in un giornale, il manoscritto di un libro persiano, il Dabistan-i-Mazahib. L’ha portato dalla biblioteca di H. H. Kapurthala il professore Jag Mohan Lal ».
Andai al piano superiore, presi il libro e lo porsi al grande Maestro, il quale lo aprì cercando il passo cui desiderava far riferimento. Dopo qualche minuto passò il manoscritto a Bawa Harnam Singh e disse: «Questo libro fu scritto da Mohsin Fani, un amico e contemporaneo di Guru Arjan Dev Ji. È l’unica registrazione affidabile di quell’epoca». Poi indicandogli la pagina 248 (volume II) gli suggerì di leggere.
«Guru Nanak aveva proibito severamente ai propri discepoli di bere vino e di mangiare carne. Lui stesso non ne mangiò mai e ingiunse anche ai discepoli di non nuocere ad alcun essere vivente. Guru Arjan Dev, informato che questo precetto del grande Guru non veniva rispettato rigidamente da qualcuno nel sangat, lo volle riaffermare mettendo in evidenza che lo aveva approvato lo stesso Guru Nanak».
Il grande Maestro fece quest’osservazione: «Non si può negare che gli animali e gli uccelli che uccidiamo, non vogliono morire, anzi cercano di sfuggire alla morte perché desiderano vivere tanto quanto noi. Quando cerchiamo di prenderli per macellarli, non cercano di sfuggire alla nostre grinfie? Non implorano aiuto? E pensate che non soffrano per il dolore che infliggiamo loro? Non sono anch’essi figli di Dio tanto quanto noi? Il Signore Misericordioso non ce ne chiederà conto per averli macellati senza pietà?».
«È vero che i polli e gli altri uccelli piangono pietosamente quando li trucidiamo» commentò un professore missionario.
«Se avvertono dolore e piacere, il fatto che li uccidiamo è un peccato e il loro Creatore non ci perdonerà per averli soppressi» aggiunse il grande Maestro.
«Il dolore che sentono… » fece eco il professore.
«Chi ama Dio e desidera incontrarlo, non ucciderà alcuna creatura vivente. Mangiare cibo animale trascina uno sullo stesso piano rendendolo simile ad essi» commentò il Maestro.
«Per noi che siamo abituati a mangiare carne da generazioni, sarà difficile tralasciarla» esclamò il professore.
«Volere è potere» disse il grande Maestro «e il Signore aiuta di sicuro coloro che desiderano percorrere il sentiero della misericordia e della giustizia. Centinaia di satsanghi americani ed europei hanno scelto la dieta vegetariana e per loro non è affatto un problema».
«Sicuramente uno deve sacrificarsi per l’amore di Dio» rimarcò il professore missionario.
«I Santi dicono che anche le piante e i vegetali contengono vita e coscienza» affermò il giovane avvocato.
«Vero» disse il grande Maestro «certamente c’è un’anima in ogni chicco di grano che mangiamo. Guru Nanak dice: “In ogni chicco di grano che vediamo, è imprigionata un’anima divina”. Maulana Rumi dichiara: “Molte volte sono nato come erba verde, ho visto settecentosettanta vite”. Ad ogni modo esiste una diversità nel grado di coscienza, nel sentimento e nello sviluppo. Il peccato connesso al cibo genera un peso in proporzione alla sensazione di sofferenza e di dolore causato. Chiarirò il punto… ascoltate. Nella creazione esistono cinque classi o tipi di vita secondo il numero e la quantità di tattwa (elementi) dai quali sono composti:

1. Nella prima classe predomina solo un elemento. Gli altri quattro sono presenti in minima quantità e sono latenti. Questa classe comprende le rocce e ogni tipo di minerale; vi prevale l’elemento terra. Troviamo anche i vegetali, le piante e tutta la vegetazione in cui predomina l’elemento acqua. Esistono vegetali che, una volta essiccati, perdono nove-decimi del proprio peso.
2. Nella seconda classe prevalgono le creature composte di due elementi (fuoco e aria) ed include gli insetti e simili.
3. La terza classe racchiude i volatili con tre elementi (acqua, fuoco e aria).
4. La quarta classe comprende le bestie e i quadrupedi come le mucche, i cavalli, eccetera. In loro sono attivi tutti gli elementi ad eccezione di akash tattwa (etere); questo è il motivo della loro scarsa intelligenza.
5. L’uomo appartiene alla quinta classe con un corpo forte nel quale sono presenti in perfetta proporzione tutti i cinque elementi.

«Ora la punizione per l’uccisione di un uomo è la morte, ma non è così se si uccide un cavallo o un cane. In questo caso ci si può accordare con il padrone pagando una certa cifra. Se poi si uccide un uccello, un topo o un leprotto, il peccato è ancora minore e sempre più trascurabile se si raccoglie un frutto o si mangia una carota. Pertanto quando gli antichi rishi realizzarono che Kal (il Potere Negativo) aveva predisposto il mondo in modo tale che una vita potesse svilupparsi solo a discapito di un’altra vita e che uccidere fosse altresì un peccato del massimo grado, decisero di introdurre la dieta vegetariana che avrebbe consentito di nutrirsi provocando la minor sofferenza possibile. Nei vegetali e nella frutta la sensibilità è ridotta ai minimi termini contrariamente ad altre specie. I Santi dichiarano che essendo noi incapaci di vivere senza cibo, dovremmo utilizzare quello la cui consumazione ci faccia contrarre il minor karma possibile. Dovremmo inoltre cercare di lasciare questo mondo consapevoli che non si può evitare di creare sofferenza e che comunque esso non rappresenta la nostra Vera Casa».
«Perché Kal, il Potere Negativo, ha predisposto le cose in questo modo?» domandò il giovane avvocato.
«Kal non permette a nessun’anima di uscire dal carcere di questo mondo da lui stesso sorretto. Combatte con veemenza per soggiogare ogni singola anima» spiegò il grande Maestro.
«Dite che la caccia, la pesca e ogni uccisione sono negative. Uccidere una tigre o un leopardo è negativo allo stesso modo?» chiese il professore missionario.
«Dipende dalle circostanze» rispose il grande Maestro. «La crudeltà nei confronti degli animali e la loro uccisione sono un fatto negativo, ma si possono verificare circostanze per cui siete costretti a uccidere. Supponete che una tigre minacci la vostra città o il vostro villaggio e che abbia già causato la morte di alcuni abitanti e di qualche capo di bestiame. In questo caso la sua soppressione sarebbe giustificata. Ma uccidere le bestie semplicemente per puro passatempo o per divertimento creerà di certo un debito karmico».
«Come ci si dovrebbe comportare con ratti, conigli, locuste e altri animali infestanti che distruggono i raccolti?» domandò il missionario.
Il grande Maestro rispose: «Sì, potete ucciderli. Quando si tratta di intervenire per combattere due mali, dei due scegliete il maggiore. Uccidere animali dannosi come rettili, serpenti o felini per autodifesa non è peccato».
«Mangiare carne a volte può essere necessario» affermò il missionario.
«Mangiare carne indurisce il cuore e rende insensibili alla vita» precisò il grande Maestro. «Sopprime i sentimenti di pietà e di gentilezza, inoltre rappresenta un grande ostacolo alla vita spirituale superiore».
«Non aiutiamo gli animali di cui ci serviamo per la carne nel loro processo evolutivo in specie superiori?» chiese l’avvocato.
Il grande Maestro sorrise molto accoratamente e disse: «Quando uccidi un animale e ne mangi la carne, compi un’azione limitata al piano fisico… sulla sua anima non hai alcun controllo; bisogna elevare lo spirito, non il corpo. Hai forse qualche potere di decidere il destino dell’anima di cui hai mangiato il corpo? Il suo destino è nelle mani di un altro Potere che decide dove mandarla».
«Quando proibisci la carne, perché non fai altrettanto vietando l’uso di scarpe di pelle e di altri articoli simili?» rilevò l’avvocato.
«Non credo che gli animali vengano uccisi per la loro pelle» disse il grande Maestro. «Per lo meno non in India. Qui gli animali che muoiono di morte naturale, forniscono pelle sufficiente per questo scopo. Vivendo nel mondo comunque occorre decidere una stile di vita… ci sono persone che non usano nemmeno le scarpe di pelle».

da Call of the Great Master, pag. 81

 

 

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